I PUPIDDI SALENTINI

scapece salentinaUna specialità di pesce che arriva da una delle zone più belle della Penisola, il Salento. Qui, quasi seicento anni fa, nacquero i Pupiddi alla Scapece, un piatto povero diventato nel tempo parte integrante della tradizione gastronomica di questa terra, fatta di sapori semplici e genuini.

I pupiddi sono i piccoli della menola (Spicara maena) o dello zerro (Centracanthus cirrus), due varietà di pesce azzurro raccolte in questo periodo dell’anno a Gallipoli e nelle altre città della costa salentina, tra il basso Adriatico e lo Ionio, con l’imbrocco, una rete dalle maglie molto fitte utilizzata per catturare pesci dalle dimensioni ridotte, come acciughe e sardine.

Lunghi dai due ai dieci centimetri – sono talmente piccini che spesso non è necessario privarli della testa e della lisca prima di cucinarli –, questi pesciolini vanno mangiati rigorosamente fritti, conditi con mollica di pane raffermo grattugiata e marinati nella scapece gallipolina, una preparazione a base di aceto e zafferano, un ingrediente indispensabile per il risultato finale, che conferisce alla pietanza un carico color giallo oro.

Pupiddi alla ScapeceNel corso delle sagre che animano le estati del Tacco d’Italia, come nelle feste patronali, è impossibile non imbattersi nelle bancarelle degli “scapeciari”, gli ambulanti che vendono i pupiddi come cibo di strada, sistemandoli all’interno di grosse tinozze di legno, chiamate “calette” in dialetto salentino.

Oggi quindi la scapece gallipolina è considerata uno street food, da gustare in piedi, durante una passeggiata sul lungomare di Gallipoli, Otranto, Porto Cesareo, Santa Maria di Leuca o in una delle altre splendide località del Salento, scelte da numerosi turisti come meta delle proprie vacanze; ma è anche un piatto ricercato, presente nei menu dei tanti ristorantini di pesce della zona. Eppure, come molte altre pietanze che hanno scritto la storia culinaria del nostro Paese, ebbe origine in una condizione di grande povertà, quando, alla fine del Quattrocento, gli Ottomani assediarono la Puglia: per scongiurare la fame, gli abitanti delle coste si rifornirono di grandi quantità di pesce che conservarono poi con la marinatura di aceto, per evitare che andasse a male.

La scapece

Di origine antichissima, la scapece comparve per la prima volta nel manuale De coquinaria del gastronomo romano Apicio (I secolo d.C.), che suggeriva di versare l’aceto sul pesce appena fritto, per conservarlo a lungo – e non a caso la ricetta prese il nome di Escha Apicii, “salsa di Apicio”, da cui il termine “scapece”. Ma se ne attribuiscono la paternità anche gli spagnoli: la parola escabeche, infatti, significa proprio “sottaceto”.

La scapece è diffusissima in varie parti d’Italia, con alcune differenze: in Abruzzo, in particolare a Vasto, indica una marinatura di aceto, olio e sale con cui viene condito il pesce tagliato a listarelle e fritto; in Sardegna, con aceto, olio e aglio, è utilizzata per conservare sia il pesce che le olive; in Liguria prevede l’aggiunta del rosmarino e delle cipolle ed è impiegata per ricoprire pesci di piccola taglia, come triglie e alici; in Campania, con aglio e menta fresca, condisce non il pesce bensì le zucchine fritte.

 

La ricetta
Ingredienti per 4 persone

 

1 kg di pupiddi
Farina q.b.
Mollica di pane raffermo
Sale q.b.
Una bustina di zafferano
2 bicchieri di aceto di vino bianco
Olio di semi per friggere

Procedimento

Infarinate i pesciolini e friggeteli in abbondante olio di semi, poi poneteli su carta assorbente per eliminare l’eccesso di olio, fateli raffreddare e salateli. Nel frattempo fate sciogliere lo zafferano nell’aceto; grattugiate la mollica di pane e immergetela nel miscuglio di aceto e zafferano, finché non lo avrà assorbito. All’interno di un contenitore dai bordi sistemate uno strato di mollica e ricopritela con uno di pesce, alternandoli fino a terminare tutti gli ingredienti, poi lasciate marinare per diverse ore fuori dal frigorifero. Il consiglio è quello di preparare la scapece con un giorno di anticipo rispetto a quando la mangerete, per far sì che il pesce si insaporisca alla perfezione.